domenica 23 ottobre 2011

Nessuno tocchi il finanziamento pubblico



Cercherò di chiarire quello che, secondo me, è un equivoco ventennale e uno dei più beceri argomenti populisti: il finanziamento pubblico, sia quello verso i partiti che verso i giornali. 
Ovviamente sono due cose diverse, ma spesso accomunate nel pensiero della gente, e comunque la ratio che li giustifica è la stessa.

La questione, semplice come un'addizione, è che la democrazia non deve sottostare alle leggi del libero mercato
Può sembrare uno scandalo che un partito venga finanziato dallo Stato, ma questo consente a qualsiasi partito di poter esistere, al di là della ricchezza dei propri iscritti. Vi sembra poco? Volete un partito di Berlusconi e l'altro di De Benedetti? Credete che possano rappresentare le istanze di noi gente comune? Il sistema lobbistico di finanziamento negli Stati Uniti porta i ricchi e le Corporations a governare al posto dei politici democraticamente eletti. Non mi pare sia un modello da imitare.
Anche nel caso dei giornali, il finanziamento pubblico è un presidio di democrazia, in modo che possano diffondersi pure quelle voci scarsamente attraenti nei confronti del vasto pubblico (quello che guarda Ballando con le Stelle, per intenderci).
Facciamo un esempio. Credo che tutti apprezzino il Manifesto, per l'indipendenza delle sue opinioni, al di là dell'essere o meno d'accordo con quanto scrive. Rappresenta, a mio parere, una delle pochissime testate (con il Fatto e il Foglio) veramente indipendenti in Italia, in grado di sfidare il pensiero comune della maggioranza della società. Ora, il Fatto, per sua scelta che io non condivido, decide di non ricevere finanziamenti pubblici. Il Manifesto, però, senza i fondi statali rischia di fallire. E non per incapacità giornalistica. E' solo che riporta idee che non riscuotono purtroppo grande consenso, senza contare che il suo pubblico è composto, probabilmente, da persone in media meno agiate di quelle che leggono il Sole 24 Ore.
Cancellare i finanziamenti pubblici, in sostanza, significherebbe zittire tutti coloro che non concordano con il pensiero dominante, instaurando di fatto quella che già in questi anni è una costituente dittatura della Maggioranza.

4 commenti:

  1. Non concordo affatto. Un giornale che non viene letto deve chiudere, perché significa che non è un buon prodotto editoriale. Il Fatto Quotidiano si autosostiene senza finanziamenti pubblici, perché non condividi la loro scelta? E' una scelta di trasparenza, che li sta premiando. Il Manifesto è sicuramente più obiettivo (o meglio, più di inchiesta) di tanti altri giornali (mentre non lo è di certo il Foglio... ti prego!), ma rimane pur sempre un giornale fazioso, oggi molto più "schiavo" di qualche anno fa: ormai anche loro si piegano alle pressioni degli inserzionisti (basta ascoltare la testimonianza di certi loro collaboratori, ormai ex). E' questo che stanno pagando in termini di vendite.
    Il finanziamento pubblico non è affatto un presidio di democrazia, dovrebbe esserlo invece il servizio pubblico della Rai (sappiamo bene che non lo è ovviamente). Attualmente il finanziamento pubblico è soltanto un buco nero di denari che foraggia l'immobilismo di una casta, che è quella giornalistica (nota che chi ti scrive è compagno di una giornalista giovane, vedo da vicino questi meccanismi). Chi si piega e scrive "telecomandato" lavora, gli altri no, tanto non bisogna rispondere al giudizio dei lettori, ci sono i finanziamenti a coprire le spese (e la classe politica li vuole in modo da mantenere il guinzaglio all'informazione).
    Il buon giornalismo paga (lo dimostrano, oltre al Fatto, tanti giornali locali, orientati al territorio che riescono ad interessare la gente e vengono quindi comprati e letti e che NON prendono i finanziamenti pubblici) mentre i finanziamenti pubblici consentono solo a realtà cerchiobottiste come il Corriere di continuare ad essere un luogo di elite (o presunta tale) d'opinione, a corsari dell'informazioni (tipo il Giornale, lontano anni luce ormai dai fasti montanelliani) o a veri e propri pagliacci quando non criminali (come L'Avanti di Lavitola, che nulla ha a che fare con la storica testata del PSI) di continuare a dire tutte le sciocchezze che vogliono senza dover rendere conto al giudice ultimo: il lettore.

    RispondiElimina
  2. comprendo il tuo punto di vista, ed in gran parte concordo si cerchiobottisti e la casta giornalistica e sulla Rai.
    Sul manifesto mi permetto di dissentire. Mi pare sia ancora la voce più indipendente tra le testate nazionali. Poi, se mi parli di condizionamenti degli inserzionisti, mi fido ovvio. Ciò però non inficia, per ora, il significato del giornale.
    Riguardo al Fatto, dicevo che non mi piace la loro scelta, perché rientra nella loro battaglia contro i finanziamenti, che, come ho scritto, non condivido.
    E comunque, non vedo come l'eliminazione del sostegno possa colpire i comportamenti che sottolinei del Giornale, dell'Avanti o dello stesso Corriere. E mettiamoci pure Repubblica. Questi, i soldi, o li prendono dallo Stato o dai ricchi. Non sarebbero colpiti più di tanto.

    RispondiElimina
  3. Discussione complicata e sulla quale dissento su diversi punti. Però sicuramente è apprezzabile sentire una voce fuori dal coro rispetto a quella dei mille milioni di grillini presenti su internet.

    RispondiElimina
  4. Sottoscrivo quel che dice Harold Smith.
    Il fatto che alcuni giornali possano aver bisogno di fondi pubblici per stare in piedi non è una cosa sempre sbagliata. Anche le università pubbliche sono in passivo rispetto alle tasse degli studenti di almeno 4 o 5 volte, eppure nessuno ha da dire ovviamente niente.
    Sono le schifezze dei giornali di partito che leggono in 30 persone il problema (tipo quello di Malavitola).

    RispondiElimina